All'inizio degli anni 90 l'impegno di
un gruppo di giovani produttori capeggiati da Walter Massa,
lavorando per la valorizzazione di un territorio originale
dal punto di vista pedologico e climatico, ha di fatto recuperato
un vitigno bianco, il Timorasso, di diffìcile coltivazione
ma dalle grandi potenzialità enologiche, riconosciute
ultimamente dall'istituzione di una doc specifica.
La Produzione del Timorasso
Il vitigno a bacca bianca Timorasso è autoctono
nel comprensorio tortonese. In tale area è
coltivato dal Medioevo e se ne hanno notizie già
dalla prima enciclopedia agraria redatta nel XIV
secolo dal bolognese Pier de Crescenzi. L’ampelografia
descritta dallo stesso autore non lascia praticamente
dubbi sull’originalità del vitigno.
La sua diffusione ha riguardato soprattutto la parte
medio alta delle principali valli tortonesi; da
est verso ovest la Val Curone, la Val Grue e la
valle Ossona. Contemporaneamente se ne allarga la
coltivazione anche in Val Borbera, nel Novese e
in Oltrepò pavese.
Nel corso dei secoli conferma le proprie attitudini
tanto da divenire il più importante vitigno
bianco piemontese relativamente alla superficie
e alle quantità prodotte. Esistono infatti,
a riprova di ciò, presso l’archivio
di stato a Torino, i documenti che, nel periodo
compreso fra le due guerre, testimoniano gli acquisti
di prodotto giovane e semilavorato che i sensali
promuovevano verso l’Europa del nord e che
chiamavano “torbolino”. Nel periodo
successivo alla Seconda Guerra Mondiale, in concomitanza
del “boom” economico e lo spopolamento
delle aree più difficili delle zone agricole,
inizia un declino in termini di superficie coltivata.
Tale contrazione prosegue fino al penultimo decennio
del secolo scorso quando un gruppo di giovani vignaioli
tortonesi, capeggiati da Walter Massa di Monleale,
ne riscopre l’antica tradizione e intraprende
la strada del rilancio.